La storia dell’arancia coinvolge molti popoli: gli arabi ne cominciarono la coltivazione, i portoghesi la diffusero per il   mondo, i siciliani ne fecero un frutto identitario. Partì dalla Cina per arrivare nel Mediterraneo, in Brasile, in California, in Florida, in Sud Africa. L’arancia è uno dei frutti che di più ha viaggiato e ovunque sia arrivata si è acclimatata ed è     diventata un simbolo dei territori in cui si è insediata. Le donne, attraverso la costante lotta per l’emancipazione e grazie alla capacità di re-inventare la vita e di crearla, hanno permesso al genere umano di sopravvivere oltre le guerre, oltre le crisi, oltre le violenze personali e collettive. Nelle stagioni più buie donne e arance diventano il centro dell’universo, soli che splendono, essendo l’arancia il frutto invernale per   eccellenza.

Questa spettacolo teatrale è il racconto, il Cunto, di un piccolo paese che accoglie l’arancia come frutto e con la fatica dei suoi lavoratori (i raccoglitori) e delle sue lavoratrici (le agrumaie interne) diventa ricco e fiorente. Le lotte per i diritti delle donne sono la polpa di questa storia, una polpa rossa come la qualità di arancia che qui di fronte al vulcano si   produce e anche rosso come il sangue delle lavoratrici, la cui storia viene spesso dimenticata o messa in secondo in piano.

In particolar modo narriamo la vita di Graziella Vistrè, bagherese trasferita a Lentini, una persona straordinaria, forte e fragile, vera, dirigente sindacale e anticipatrice delle lotte per i diritti delle donne, una delle fondatrici dell’Unione delle donne (UDI) in Sicilia; nel racconto le due città si sovrappongono fino a diventare un’unica terra materna, una matria interiore per Graziella, un posto in cui donne e arance vivono un profondo legame di sorellanza.

Per recuperare la sua storia e il mondo delle arance il cuntista Alessio Di Modica ha cercato testimonianze orali dirette di chi ha vissuto nei primi anni Sessanta, gli anni in cui Graziella Vistrè operò tra Bagheria e Lentini e in cui il commercio delle arance era forte, una risorsa che sembrava senza fine.

Graziella Vistrè nel racconto diventa il centro di un ritratto collettivo, di un momento storico di lotte e rivendicazioni, di luce e di buio, di inverno e del germe di quello che poi passerà alla storia come l’autunno caldo.

«Andate e lasciate che le storie, ovvero la vita, vi accadano, e lavorate queste storie della vostra vita – la vostra, non quella di qualcun altro, riversateci sopra il vostro sangue e le vostre lacrime e il vostro riso finché non fioriranno, finché non fiorirete.» (Clarissa Pinkola Estes) 

Sole d'inverno, storie di arance, donne e lotte.pdf